Il mio primo ricordo di Seoul è l’odore. Un sentore acidulo che mi riporta con la mente ai ristoranti cinesi in Italia. Io e Ricardo siamo stanchi e disorientati, ci perdiamo nell’intricato labirinto di vie e stradine dove Google Maps non ci assiste. Un ragazzo si impietosisce, ci ferma “Do you need help?”, chiama la guesthouse, ci accompagna – perdendosi, anche lui – fin sulla porta, ci lascia nelle mani di un’anziana padrona di casa che sorride e non parla quasi una parola di inglese.
La prima foto scattata a Seoul: fra Donui-dong e Insa-dong |
Dove si vede rosso, è piccante. |
Le nostre esplorazioni di Seoul sono cominciate il secondo giorno. Per conoscere la Corea, abbiamo deciso di partire dalla storia. Il biglietto cumulativo per le cinque principali attrazioni “regali” costava solo 10000 won (circa 7.50 euro) con visita guidata in inglese gratuita. Abbiamo deciso di fare i turisti sul serio. Costruiti dalla dinastia Joseon, ultima ad aver dominato la Corea prima dell’invasione giapponese, i palazzi si chiamano Gyeongbok, Changdeok, Changgyeong, Deoksu. A questi si aggiunge Jongmyo, il luogo di riposo funebre della dinastia. Ci siamo avvicinati alla storia della dinastia Joseon come a qualcosa di totalmente nuovo: quante cose succedevano all’altro capo del mondo mentre noi eravamo impegnati a studiare Risorgimento, Napoleone, Alsazia e Lorena, Istria e Trieste.
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Cambio della guardia al palazzo Gyeongbok |
Per colmare questa lacuna, la dinastia Joseon merita una piccola nota storica, qualche punto essenziale:
- Il regno Joseon dura cinquecento anni, dalla fine del XIV° secolo alla fine del XIX°. È stata l’ultima dinastia regnante in Corea e il suo più lungo regno basato sul Confucianesimo. È finita con l’ennesima invasione da parte del Giappone nel 1897, che dà inizio a un lungo e penoso dominio durato fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
- La Corea tuttora celebra l’antica dinastia, e il Confucianesimo tuttora è importante nella cultura. Così come periodicamente i coreani tengono cerimonie per ricordare i loro antenati, allo stesso modo i lontani discendenti della famiglia reale tengono una cerimonia a Jongmyo in onore della loro, un tempo potente, famiglia.
- Fra i sovrani Joseon più notevoli è Sejong detto il Grande, quarto re della dinastia molto amato dai coreani per aver inventato l’alfabeto hangŭl. La lingua coreana fino a quel momento era unicamente orale e solo i più alti dignitari erano in grado di leggere e scrivere in cinese. L’hangŭl è considerato uno degli alfabeti più razionali del mondo: dopotutto seleziona e fonde gli innumerevoli ideogrammi del cinese fino a ridurli a 14 consonanti e 10 vocali. Altro sovrano particolarmente interessante è re Yeongjo, famoso per aver giustiziato un figlio pazzo e cospiratore chiudendolo in una cassa di legno senza cibo né acqua. Su di lui è basato il pluripremiato film The Throne, che ho guardato durante il viaggio di ritorno e recensito QUI.
Le guide ti accompagnano in percorsi intricati all’interno dei palazzi, vestite in abiti tradizionali. Quella degli abiti tradizionali sembra essere un’abitudine popolare in Corea, soprattutto tra le ragazze e i ragazzi. Quel primo fine settimana, a Seoul ma anche a Jeonju la domenica, abbiamo visto sciami di giovani in giro a fare foto, esibendo il costume tipico. Le ragazze soprattutto, sorridenti in larghe gonne dai colori vivaci che arrivano fino a terra e ombrellini di carta. E pazienza se da sotto questo arcobaleno spuntano scarpe da tennis grigie.
I giorni a Seoul sono stati i più complicati. Il jet lag ci ha messo un po’ a passare; io continuavo ad avere sonno in pieno giorno e a dormire a fatica la notte. Inoltre, a fine Marzo la città è fredda e gli alberi sono ancora spogli. Nei parchi intuisci una bellezza esplosiva che metteranno in mostra più avanti, quando tu sarai andato via. Perfino i ciliegi sono ancora in preparazione, boccioli rossastri in formazione in alberi completamente neri. Tuttavia, se si va oltre la frustrazione di non poter assistere al pieno rigoglio delle zone verdi, questo stadio ha un certo fascino. Abbiamo spiato i ciliegi prepararsi per una settimana, siamo stati lì mentre i primi petali bianchi apparivano sui rami scuri, e alla fine del nostro viaggio i fiori erano enormi grappoli luminosi da cui scendeva una morbida pioggia a ogni folata di vento. La fioritura ha scandito il progredire del nostro tempo in Corea. Non tutti i viaggi sono toccata e fuga, brevi istantanee di un dato luogo in un momento ben preciso; il nostro è stato un attraversamento.
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Sovrano Joseon in un ritratto conservato al Museo Nazionale della Corea, ultima tappa prima di lasciare Seoul. |
La sera prima di partire da Seoul siamo saliti in teleferica fino alla N Seoul Tower, in cima al monte Namsan che sovrasta il centro della città. Ci siamo trovati nel regno dei lucchetti d’amore. Un tripudio come non ne avevo visto da nessuna parte in Italia, lucchetti di tutti i colori ricoprivano la terrazza, piena di coppiette. La città era in basso, avvolta dal grigio e da una leggera foschia. Malgrado il fresco e l’umido, il posto era molto suggestivo. È strano, perché noi non siamo abituati a una collina boscosa nel mezzo di una capitale enorme. Abbiamo deciso di scendere a piedi nel sentiero, attraversando la foresta – in gran parte spoglia al momento – e costeggiando le antiche mura. Camminando, il sole è calato e ci siamo ritrovati a seguire i brandelli di luce del crepuscolo e le insegne al neon che ci guidavano verso la vita. I boschi e il neon. Natura e tecnologia. Scenari da racconto e un’estrema praticità e concretezza di fondo. Questo è stato il nostro primo assaggio, ciò che continueremo a ritrovare in ogni tappa.
Abbiamo fatto a gara giù per le scale della collina e siamo arrivati in fondo ridendo, senza fiato, quando era già buio. La città era tutta un neon e in lontananza il monte Namsan era ormai buio, salvo per la torre che spiccava illuminata.
Il giorno dopo siamo partiti per Jeonju.
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Qualcuno guarda verso la città… |